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mercoledì 20 marzo 2013

Videogiocare? Fa "bene"!

"Sfruttare la passione per i videogame per indurre comportamenti positivi è l’obiettivo di un gruppo di ricerca americano che ha unito progettisti e neuro scienziati per studiare videogiochi capaci di ridurre ansia, aumentare l’attenzione e le interazioni sociali. La proposta arriva da due esperti di scienze cognitive dell’Università svizzera di Ginevra e di quella americana di Rochester. I videogiochi sono sempre più associati ad un gran numero di patologie come: obesità, aggressività, comportamenti antisociali e addirittura dipendenza. Allo stesso tempo, però, recenti studi hanno dimostrato che gli stessi stimoli, opportunamente modificati, possono avere effetti benefici sul cervello. Considerata la grande passione nei confronti dei videogiochi e le influenze che possono esercitare sul cervello, ecco perché molti ricercatori si stanno chiedendo come sfruttare tutto ciò e progettare giochi a 'fin di bene'."
(Art. preso dalla Rivista: A Sua immagine n. 10 del 16/03/2013)

Un gioco a “fin di bene” può essere “Re-mission”, gioco del mondo Fantasy, sviluppato per curare la depressione dei giovani pazienti malati di cancro. Pilotando un robot di nome Roxy all’interno del corpo umano affetto da tumore, il videogiocatore ha come missione quella di distruggere le cellule tumorali e curare quelle malate fronteggiando anche le infezioni e tutti gli altri effetti collaterali della malattia.

Per rendersi conto di quanto i videogiochi siano realmente diffusi basta vedere come in appena un mese dalla sua uscita, l’ultima edizione di Call of Duty, uno dei giochi più popolari al mondo, è stata giocata per un tempo equivalente a 68.000 anni. In Usa, nel 2009 ogni bambino ha giocato in media 1 ora e 13 minuti al giorno, ma i bambini non sono gli unici a giocare: essi infatti rappresentano solo il 18% dei giocatori del Nuovo Mondo contro un 30% di videogiocatori di età superiore ai 50 anni.

E’ importante in questo campo che  medici e psicologi affianchino in un lavoro di sinergia programmatori e sviluppatori perchè sia utile non solo comprendere a livello neurale i meccanismi e le risposte innescate dai rapidi stimoli visivi e sonori che derivano dal gioco, ma è pure fondamentale unirvi l’enorme patrimonio acquisito negli anni dall’industria dell’intrattenimento dei giochi elettronici. La sfida che dovrà affrontare tale industria riguarderà infatti lo sviluppo di giochi in grado di stimolare qualità positive, come ad esempio solidarietà e cooperazione.

giovedì 14 marzo 2013

Help! Qualcuno lo aiuti!

Nell’ormai vasto panorama dei videogiochi educativi, ecco uno straordinario “serious game” ideato e realizzato dal Laboratorio di Interazione Uomo-Macchina dell'Università di Udine (Hci Lab) in collaborazione con la Consulta Regionale delle Associazioni dei Disabili del Friuli Venezia Giulia (C.R.A.D.).
Il gioco, di nome “Help!”, unico serious game dedicato alle emergenze che possono coinvolgere persone disabili, persegue l’obiettivo di fornire una sorta di istruzione/formazione a colui che lo sperimenta, consentendogli infine di acquisire le competenze necessarie ad aiutare persone disabili in situazione di emergenza.
Il game, posto all’interno del progetto di ricerca: "Servizi avanzati per il soccorso sanitario al disabile basati su tecnologie ICT innovative" studia le possibilità di migliorare il servizio di emergenza agli utenti disabili attraverso l’uso dell’informatica.
L’applicazione è disponibile gratuitamente on line su facebook e può essere usata da qualsiasi utente.
Dopo aver provato ad affrontare tutti i vari livelli posso dire di essere rimasta senz’altro molto colpita dalla precisione dei dettagli della grafica e dagli accorgimenti usati dai programmatori nel realizzare ambienti, interazioni e i dialoghi dei personaggi davvero verosimili e ricchi di empatia.
Il gioco inizia dando la possibilità di scegliere da un menù una situazione che si desidera affrontare  e che può riguardare un evento come un terremoto (lieve o forte) o un incendio (lieve o grave) con lo scopo di imparare ad aiutare nel modo migliore un disabile ad uscire da una situazione di pericolo (e si potrà scegliere il tipo di disabilità da cui è affetta la persona che vorremo aiutare: non-vedente, non-udente o con difficoltà motoria).
Nel primo livello i potenziali giocatori, prima di entrare nel vivo dell’applicazione, dovranno scegliere di affrontare “un addestramento” che li farà incontrare con un Vigile del Fuoco virtuale che, all’interno di una specie di palestra, fornirà loro tutte le nozioni necessarie (che corrispondono a quelle che vengono realmente applicate) per aiutare il disabile ad affrontare le situazioni di pericolo.
L’interfaccia del videogioco è molto versatile e l’uso dei comandi è suggerito puntualmente durante le interazioni.
Sicuramente i serious game si distinguono per la loro valenza educativa e sociale ed è proprio per questo che non possono essere paragonati ai videogiochi creati per l’intrattenimento ed il divertimento.
In un contesto scolastico penso però che possano assumere un ruolo fondamentale nel sensibilizzare i giovani in rapporto al tema della disabilità. In questi giochi infatti il giocatore si trova coinvolto in prima persona a vivere, attraverso l’esperienza simulata della realtà virtuale, emozioni e situazioni di grande empatia utili nello stimolare un migliore apprendimento dell’argomento.
Certo qualcuno potrebbe obiettare che un videogioco non possa essere certo una fonte seria da cui attingere per imparare cose così importanti. Meglio leggersi un manuale di pronto intervento ed effettuare una prova di evacuazione organizzata dai Vigili del Fuoco!!! Se poi si svolge la professione di educatori si sa benissimo che se ci si trova ad operare in certe strutture come scuole, asili ecc, la legge prevede che spesso debbano essere svolti corsi di formazione al personale che riguardino il pronto soccorso, l’antincendio e le conseguenti prove di evacuazione.
Devo dire però, che giocare ad “Help!” mi ha comunque molto impressionato. Sono emiliana e l’anno scorso ho vissuto in prima persona la sensazione di sentire la terra tremare sotto i piedi.
Le situazioni di pericolo simulate nel game mi sono sembrate verosimili (scricchiolii, vetri in frantumi, oggetti caduti) e la cosa ancora più interessante è stato vedere come si possa rimanere spaesati anche quando si è consapevoli di trovarsi in una realtà fittizia e non reale come quella creata dal videogioco. Quante volte ho portato il mio personaggio/avatar tra corridoi fumosi e vetri in frantumi imboccando corridoi senza uscita e precipitandomi dentro stanze sbagliate. Puntualmente l’applicazione mi inviava però suggerimenti utili accompagnati da avvisi sonori “bacchettandomi” anche solo quando non verificavo adeguatamente lo stato dell’utente che stavo conducendo in salvo o quando compivo manovre sbagliate…
Complimenti a chi ha realizzato questo videogioco perché non ha dimenticato di inserire nel rapporto giocatore/utente quella giusta empatia e quel doveroso rispetto della dignità altrui che mai deve mancare in ogni incontro e rapporto reale.
Guardatevi l’anteprima!
  

giovedì 7 marzo 2013

Food Force!


Sulla scia del discorso sui videogiochi educativi, segnalo qui “Food Force”, un “serious game” di tipo arcade pubblicato dal PAM (Programma Alimentare Mondiale) delle Nazioni Unite nel 2006. Questo videogioco permette al potenziale giocatore di imparare a gestire una crisi umanitaria vestendo i panni di un operatore umanitario che sarà coadiuvato nella sua avventura da una squadra di esperti operatori dell’ONU composta da: un nutrizionista, una coordinatrice logistica e  un pilota responsabile della missione. Il gioco inizia con una voce narrante, interpretata dal calciatore Kakà, che illustra la missione da compiere. Una grave crisi nell’Oceano Indiano, nell’isola (immaginaria) di Sheylan. Prima la zona era fertile ma i cambiamenti climatici hanno avuto effetti devastanti; la deforestazione e l’inquinamento hanno creato ulteriori problemi agli abitanti. Prima la siccità non era un problema ma ora sta diventando sempre più frequente. A rendere più grave la situazione, la guerra civile sull’isola si è intensificata, interi villaggi sono andati in fiamme, le principali vie di comunicazione sono state distrutte e minate. La guerra ha creato una situazione drammatica e nell’isola di Sheylan è stato dichiarato lo stato di crisi. L’obiettivo della squadra speciale anti-crisi è di portare cibo ai milioni di abitanti affamati. Il giocatore si troverà così catapultato in una realtà tragica e avrà un ruolo di salvataggio nella popolazione di Sheylan. La sua missione, come quella reale di tutto il Programma Alimentare Mondiale, è consegnare il cibo a tutti quei milioni di persone che nel mondo soffrono la fame e che hanno bisogno di assistenza. Il gioco coinvolgerà il protagonista in una serie di missioni che dovrà superare entro un certo tempo limite e che lo porteranno a vivere in prima persona l’impatto con una così tragica realtà. La guerra civile ha reso difficile le comunicazioni. Milioni di persone sono state costrette a lasciare case e villaggi e si trovano ora con pochissimo cibo e acqua a disposizione. L’obiettivo della prima missione è contare i sopravvissuti per poter poi raccogliere i dati ed organizzare gli aiuti. Via via che si procede si dovrà poi affrontare la dura realtà della guerra e quindi capire come condurre i camion carichi di aiuti umanitari tra strade impervie, minate e pericolose. Ci si troverà con problemi come il dover cambiare un pneumatico forato, scegliere la strada giusta per proseguire il cammino, scovare e disinnescare le mine. Successivamente, ricostruire ponti per consentire il passaggio ai mezzi umanitari, lanciare dall’aereo sacchi di cibo sugli obiettivi più vicini ed accessibili alla popolazione e, infine, aiutare gli abitanti nella difficile ricostruzione, predisponendo un piano che nel futuro li veda autonomi nella coltivazione del cibo e nella gestione dell’agricoltura. Insomma, come in una vera missione, si dovrà saper reperire il cibo, fronteggiare le emergenze sanitarie come epidemie di hiv o colera e attuare percorsi di coordinamento con le varie autorità locali.
Il gioco ha una discreta grafica in 3D considerando che risale a 6 anni fa ed è scaricabile gratuitamente da qui.
Oltre ad essere un gioco, il sito web è anche una comunità virtuale dove i ragazzi hanno la possibilità di incontrarsi e gli insegnanti di trovare progetti ed info utili per la didattica sul tema dell’emergenza fame e sugli interventi per affrontarla. Il sito web Food Force contiene progetti di lezioni per gli insegnanti, rapporti sul lavoro più recente del PAM, una tabella con i punteggi e altre utilità. Qui di seguito potete vedere il trailer originale in anteprima.
Ritengo questo gioco utile per sensibilizzare i bambini in un percorso didattico al problema della fame nel mondo, in modo diretto ed affatto noioso. Dopo aver infatti affrontato prima il tema con le maestre, la realtà virtuale proietterebbe i ragazzi direttamente al cuore del problema facendo loro davvero “toccare con mano” le problematiche in gioco.



lunedì 4 marzo 2013

Giocando, s'impara!

L'idea di questo blog è nata per parlare della funzione educativa dei videogiochi: oggi infatti sono visti spesso solo come meri strumenti negativi e diseducativi e ci si dimentica del fatto che ogni oggetto non è né buono né cattivo, ma tutto dipende dall'uso che ne viene fatto. Possedere un coltello è reato? No, se lo usiamo per tagliare il pane nella nostra cucina; sì se stiamo entrando in una banca con cattive intenzioni. E' interessante quindi esplorare il mondo dei nuovi videogiochi che oggi sono sempre più interattivi, per scoprire quanto la loro funzione ludica ed entusiasmante venga sfruttata non solo per il puro divertimento ma anche per attività molto più serie come: aiutare la socializzazione in contesti di disabilità, coadiuvare attività motorie e riabilitative in contesti sanitari e formare addirittura i nostri apparati militari grazie all'utilizzo di simulatori elettronici.
Infatti, guardate questo video!